sabato 10 aprile 2010

BARBUVA PER LA CANTINA DI MONTAGNA (LERMA -AL-)


BARBUVA (PROTETTORE DELLE VIGNE). PRODUTTORI E CONSUMATORI LO SFIORANO COME BUON AUSPICIO.



Barbuva (protettore delle vigne). Donato alla Cantina di montagna di Lerma (AL)

Produttori e consumatori lo sfiorano come buon auspicio.










martedì 30 marzo 2010

BARBUVA (il protettore delle vigne) di Marco Marengo


Produttori e consumatori di vino lo sfiorano come buon auspicio.

martedì 22 dicembre 2009

giovedì 10 dicembre 2009

IDEA PER UN REGALO!

http://www.arduinosacco.it/catalogo/index.php?libro=356&genere=3



"COME NON FARE SESSO IN THAILANDIA"
-lettere a F. dalla Thailandia-
di
Marco Marengo


“Si viaggia per vedere posti nuovi, per conoscere altra gente? O si viaggia per tornare e raccontare? Mai contenti! Si viaggia per sentirsi soli? Senza radici per qualche tempo”.
Il viaggio che affronteremo, leggendo le pagine di questo libro, non è solo il rapido ed efficace affresco di un paesaggio esotico, la Thailandia, così misteriosa e affascinante, è soprattutto un viaggio nell’anima, all’interno del proprio “Io”, complesso e sconosciuto non meno dei luoghi assolati descritti dal’Autore. Un diario rapido, una sorta di monologo interiore, mascherato da pretestuosi sms che cercano, in qualche modo, un aggancio con una realtà lontana, non solo geograficamente, ma da una esistenza “altra” che ci scivola addosso e, troppo spesso, non ci vede protagonisti. Cos’è che ci spinge a andare lontano, a prendere le distanze da storie e situazioni che non ci soddisfano o, forse, ci spaventano costringendoci a delle scelte? E qual è quel sottile, piacevole dolore che ci induce a cercare, non il sesso in Thailandia, ma delle risposte chiare e precise e dunque… impossibili? Il viaggio è solo l’inizio di una ricerca, mettetevi comodi, chiudete gli occhi e lasciatevi guidare da queste lievi, dolcissime parole che vi porteranno dove neanche immaginate.

Pina Varriale

domenica 1 novembre 2009

RACCONTO DI NATALE di Marco Marengo

RACCONTO DI NATALE
DIAVOLO NATALE
di
Marco Marengo


Questo racconto è nato e cresciuto a Lerma, grazie all’attenta analisi di uno strano personaggio. Il soggetto in questione si aggirava per le vie del paese vestito da babbo natale.
Forse nessuno lo ha notato.
Silente e dal passo svelto pareva studiare il territorio.
Nessuno ormai più ci crede, proprio per questo può vagabondare libero a “volto scoperto”.
Così come è facile che altri si travestano da lui…

Sono sufficienti i soliti accorgimenti per ingannare la clientela! Il Diavolo indossa un vestito rosso e la barba finta. Nascosta la coda nei pantaloni ed indossate un paio di morbide pantofole, per evitare il fastidioso rumoreggiare degli zoccoli, è pronto per partire.
-Babbo Natale che fine ha fatto?- vi domanderete. Tranquilli! Sta bene, è solo nell’altra stanza a contare la montagna di soldi che il Diavolo gli ha elargito per prenderne momentaneamente il posto.
Il Diavolo si sente astuto, ignora il fatto che non ha sostituito il vero Babbo Natale. Nell’altra stanza un impostore travestito da Babbo Natale si è intascato i soldi! Mai pensare di essere più furbi degli altri! A parte ciò nessuno si accorgerà della differenza.
Il Diavolo Natale fatica un po’ per capire come dare il via alle renne della slitta, ma poi parte rapido e deciso. La lista degli indirizzi è lunga, ma sa che in molti, in questi tempi di buonismo, non accetteranno la sua proposta. Anni fa riusciva a convincerli con il terrore o con succulente promesse.

Nel frattempo il vero Babbo Natale perde tempo oziando dopo aver venduto le renne ed aver affidato la consegna dei regali ad un corriere privato; il quale, fregandosene, non li consegnerà e se li rivenderà.
Non fa poi una gran vita il Diavolo Natale… suonare porta a porta come un venditore ambulante.
Comunque tirando le somme, alla fine della prima giornata, ha uno sguardo appagato. Mette a dormire le renne, che lo osservano con sospetto, poi si concede qualcosa da bere e va a dormire, all’inferno.
Nel frattempo Babbo Natale, stufo di oziare si traveste, con i soliti e semplici accorgimenti, da Diavolo.
-Ora che faccio vestito da diavolo?- ci pensa su poi un’idea lo fulmina –andrò in giro vestito da Diavolo a consegnare i regali…- ma presto gli torna alla mente che non ne ha più –consegnerò pacchi con delle pietre dentro… intanto la colpa andrà al Diavolo!-.

Nel mentre il Diavolo continua il suo onesto lavoro: chiedere qualcosa offrendo altro in cambio.

La gente in giro è confusa.
I bambini raccontano ai genitori di aver visto il Diavolo consegnare regali.
I genitori si tuffano nei ricordi –ai nostri tempi credevamo a babbo natale… questi bambini sentono parlare sempre di guerre, forse per questo si immaginano il Diavolo che consegna regali…-

Forse durante questo via vai di consegne i due si incontreranno… chissà cosa ne nascerà… ora non ho tempo per pensarci, che ne dite di fare voi qualche ipotesi?

sabato 31 ottobre 2009

TULUN, OVVERO L'ICARO LERMESE

TULUN, OVVERO L'ICARO LERMESE
DI
MARCO MARENGO
Un grande sogno pulsante nella testa e gambe svelte. Una sola differenza, non piccola, il nostro Icaro non ha ali, ma due fascine sotto le ascelle. Convinto, così conciato, di poter volare.
Un sogno, realizzabile o meno non ha importanza. Un sogno.

Ho ascoltato con piacere questo racconto da più persone, tutti Lermesi.
L'Icaro Lermese ha lasciato una lunga traccia nei cieli, anche se, da quanto ho udito il suo tentativo di vincere nell'aria è finito con una brutta caduta. L'aria è leggera, lui troppo pesante.
Le fascine inutile orpello per quel tipo d'attività... ma il sogno resta intatto.

A volte i personaggi locali possono apparirci inutili se pensiamo alla vita comune, ma ragionandoci un momento di più sono proprio le stranezze, le stramberie, le vite fuori dalle righe a lasciare una traccia.

Agitando le fascine come fossero ali l'Icaro Lermese (Tulun) correva verso il punto ideale per il balzo. Dopo varie prove ha spiccato il volo....

Questi avvenimenti passando di bocca in bocca ci danno la sensazione che accadano ancora...
Per qualche istante voliamo come Tulun, senza pensare all'inevitabile scontro con il suolo.
Mentre siamo in aria solletichiamo il Pensiero.

giovedì 29 ottobre 2009

I TUNNEL E LE TRE ROSE di Marco Marengo



I TUNNEL E LE TRE ROSE
di
Marco Marengo




L’enorme radice secca di quella che doveva essere un’antica e imponente quercia mi permetterà, una volta tolta, di sistemarvi comodamente una giovane pianta di cachi. Di certo non è facile lavorare sul ripido pendio sottostante il castello di Lerma, ma almeno qui i miei frutti saranno al sicuro da mani lunghe…
Lavorando energicamente di zappa e palanchino ogni tanto alzo lo sguardo per assicurarmi che la corda fissata alla ringhiera di casa non abbia visibili cedimenti. Tutto è a posto, così continuo, colpo su colpo.
Gocce di sudore sul terreno tufaceo.
Davanti a me le imponenti fondamenta del castello, formate da vari livelli di archi in pietra, alcuni più profondi, mi fanno pensare a possibili passaggi…
Lerma, un paese di origine medievale abbarbicato su una ripida rocca di tufo. Il castello è il suo fulcro.
Domina dall’alto la valle del torrente Piota, che in epoca romana fu una delle più importanti vie di scambio tra la Liguria e la Pianura Padana.
Quando mi trovo qui idealmente respiro il passato. Tra un colpo di zappa e l’altro la terra mi rimbalza intorno come se fosse viva. Niente doveva essere facile quando sapevi che una gelata poteva distruggerti il raccolto, ridurre a inutili orpelli striminziti i fiori degli alberi.
Avvolto in tali pensieri il lavoro va avanti fluido ed istintivo. Nel continuare ad osservare gli archi posti come fondamenta mi torna alla memoria una teoria.
Tempo fa, sostando dopo una lunga camminata estiva, sulla grossa e antica lastra di pietra in piazza incontrai un tizio dall’età indefinibile. Dopo alcuni sguardi al castello prese a parlare di tunnel a ragnatela partenti dalle sue fondamenta.
-Quegli archi sono tunnel che portano alle miniere della valle!- provai a rispondere, ma subito mi interruppe –gli scavi iniziali erano come base per la costruzione di una sola torre d’avvistamento poi, grazie a questi tunnel ed alla scoperta delle miniere d’oro decisero di ampliare il progetto erigendo un castello!-.
A bocca aperta di fronte a queste parole. Solo l’energia per dire –ma come mai scavarono tunnel?-
-Semplice!- rispose secco –ogni costruzione militare dell’epoca aveva una o più vie di fuga sotterranee! Sarebbero servire in caso d’assedio-.
Il dialogo finì ed io tornai a casa, passando sotto l’arco tra chiesa e castello.
-interessante teoria…- sussurro, ora che sono qui con il naso all’insù con lo sguardo puntato sulla traccia buia disegnata dalla profondità degli archi.
Il grosso blocco di radici ormai sta per cedere. Vorrei legarlo ed issarlo fino a casa, ma è troppo pesante! Così decido di farlo rotolare a valle. Scricchiolio di foglie e rami rotti di netto, poi torna il silenzio dell’aria umida d’inverno.
Il buco lasciato è più ampio di quanto immaginassi. Qualcosa di metallico affiora. D’istinto affondo le mani nella terra. La stretta troppo forte e decisa rovina ciò che da tempo è in pace e sepolto.
Ciò che riaffiora è un antico dono che non ha cambiato di mano… anche se la leggenda, come tale, ha varie interpretazioni. Le tre tombe, scoperte e presto ricoperte sotto la chiesa di Lerma mi solleticano idee…
Un fruscio tra gli arbusti mi fa sobbalzare. Può essere solo un’animale, nessuno può aggirarsi da queste parti senza l’aiuto di una robusta corda.
Il fruscio continua più lento, come sospettoso, poi scompare. Forse l’animale è rientrato in tana.
Osservo meglio ciò che ho travato sottoterra… ne devono essere passati degli anni dato il suo aspetto. La forma ricorda dei fiori… due forse tre. Posti nella sacca sistemo il giovane caco nella sua nuova dimora e, incuriosito, salgo verso le fondamenta del castello.

2
Nel salire tracce di antichi steccati spezzati forse dal tempo o dalla fuga improvvisa degli animali… un tempo utilizzati per il trasporto del materiale di scarto degli scavi?
Avvicinarmi a quegli archi mi da una strana sensazione, è come se sapessi che se ci entrerò sarà un’immersione nel passato dell’uomo. Per il momento mi accontento di ipotetiche sensazioni e faccio ritorno a casa.
Scriverò due righe sull’accaduto e farò vedere in paese ciò che ho trovato sotto il ceppo del rovere. Per il momento è troppo presto per lasciarsi andare a frettolose conclusioni.